Lasciata la fontanella di Collemontanino, la strada continua a salire, esce dal borgo, si muta in carrareccia e sentiero, inoltrandosi nel bosco sulle colline sovrastanti.
Lungo questi piacevoli percorsi sono comparse nuove indicazioni: “i sentieri di Matilde”. Matilde si riferisce appunto a quella contessa di Canossa che anche qui, pare, avesse possedimenti, fra cui la tradizione ascrive la Rocca di Montanino, castello fortificato, oggi in rovina.
Ai piú curiosi posso suggerire la lettura di questo articolo (avvisando che le decantate difficoltà sono pressoché inesistenti, dal punto di vista di un/a trail runner).
Entrambe le direzioni in questo bivio a ferro di cavallo procedono verso la prossima meta, seppure attraversando zone differenti; privilegiando la parte piú selvaggia, imbocco il sentiero a sinistra.
Per me le pale eoliche si armonizzano in questo paesaggio, rendendolo surrealmente cibernetico. E accade anche che si abbraccino disegnando nel cielo un arcano simbolo.
In siffatta atmosfera questo buffo alberello mi rammenta un anemometro.
Nei pressi scorre un piacevole ruscello -il cartello indica la deviazione verso una cascatella. Lo esplorai durante le missioni di ricognizione del PoMaC. Ma transitare di lí allungherebbe troppo il percorso e un po’ a malincuore proseguo sul tracciato stabilito.
Ecco un altro bivio: questa volta si prosegue sulla destra.
E qui si sale a sinistra; il bosco si infittisce un poco e il sentiero si restringe.
Fino a convergere sulla forestale che fiancheggia le pale eoliche. Mi autocito, dal precedente racconto: “il grasso suono, dall’incedere lento e pesante, potrebbe illudere il viandante d’essere prossimo a un centro abitato, ma non è così, qui non v’è essere umano, a parte me”. Anche quest’anno l’assenza è confermata.
Oltre una sbarra inizia il rustico sentiero che dopo qualche decina di metri attraversa bruscamente Poggio del Tiglio.
La discesa è abbastanza ripida, e ingombra di pietre e rami; è giunto il momento di giocare un po’.
Questo è il video del tratto, ripreso in soggettiva (sono da solo e senza drone volante al seguito) in stile cartoon e psichedelia.
L’ombra che si vede sono io (nella mia prospettiva ombrosa: non ci saranno immagini piú esplicite!).
Al fondo di questo sentiero ecco l’area di sosta di Fonte del Tiglio, semi-abbandonata.
L’acqua è sempre fredda e disseta con lo stesso sapore ricco e denso che ricordavo, gli alberi rimangono alti e fitti, ma quest’anno la fontana è triste. Il suo flusso è un rivolo stanco (per una maledizione di Umani avidi e invidiosi, tendo a pensare). Cosí anche la mia sosta sarà piú breve.
Sotto il tiglio là nella landa
La radica si abbraccia al giglio,
Voi che passate potete vedere
Come son cresciuti insieme.
Lei con me rimase solo un anno
Ma con oro poi intrecciò le chiome
E se ne andò, io amavo uno sparviero
In alto si levò e volò via.
_ Angelo Branduardi, estratto da “Sotto il tiglio” _