Attendevo la Luna piena di maggio ormai da molti mesi. Sapevo che sarebbe sorta come Superluna. Quella precedente, ad aprile, che pure avrebbe goduto di una buona vicinanza alla Terra, rimase, dalla zona in cui mi trovavo al momento, completamente invisibile: una coltre densa di grigie nubi oscurava il cielo tanto che neppure un vago chiarore lunare la oltrepassava, né alcuna stella puntiforme.
La concomitanza con la celebrazione buddista del Vesak presentava inoltre una speciale occasione per rinnovare il pensiero di gratitudine verso l’antico Maestro e per diffonderne l’insegnamento in mezzo ai boschi, casomai piante e animali e quegli spiriti che forse ancora vi dimorano avessero piacere ad ascoltarlo.
Così, dopo aver riflettuto sull’opportunità di provare a organizzare un evento Corri e Respira! sportivo/spirituale, mi convinsi che, almeno per me, quel momento era intimo, personale, raccolto: il bosco, il Dharmakaya e una persona sola sotto la Luna, immaginata enorme, rossastra e doppia!
Sotto gli alberi in fiore, una coppa di vino;
bevo solo, nessun amico vicino.
Alzo la tazza e faccio un cenno alla Luna brillante;
di fronte alla mia Ombra, insieme siamo tre.La Luna, però, non sa che farsene del vino;
e l’Ombra soltanto
si insinua qua e là al mio fianco.
Bene, per un po’ Luna e Ombra mie compagne:
voglio far baldoria quanto duri Primavera!Alle canzoni che canto la Luna tremola i suoi raggi;
nella danza intreccio dell’Ombra grovigli e fughe.
Finché son sobrio, ci divertiamo insieme;
quando cado ubriaco, ognuno se ne va per la sua via.
Possa ben durare il nostro convito buffo,
libero da sentimento,
per incontrarci infine sul Fiume di Nubi del Cielo._ Li Bai (Li Po) _
(traduzione nostra dalle versioni in inglese di Arthur Waley e Paul Rouzer)
Il breve video dell’ultimo tratto di ascesa, compiuto da un punto impervio, privo di sentiero definito.
La musica enfatizza l’ascensione, in una versione che spero ne evidenzi l'(auto)ironia.
Sulla cima il vento spirava con grande forza. Accendere un bastoncino d’incenso si rivelò impresa complessa.
Tutti i mantra previsti e le benedizioni del caso furono detti e cantati. Il tamburo e il machete, usato quale strumento musicale (il suo suono, se la lama è battuta su una superficie sufficientemente dura, ricorda quello di una campanina, ma un po’ più secco) sostennero la voce, dapprima debole e incerta, poi decisa e quasi guidata dalle brezze. La pala eolica nei pressi, già allegramente roteante, senza che il vento intensificasse si diede a turbinare vorticosamente, raggiunta e sospinta -suppongo- dagli spiriti locali.
Poi il vento e i suoni si quietarono, e così pure la mente fu rilassata.
Infine ridiscesi.