Il sentierino di caccia, come spiegato ↑, permette di raggiungere la dorsale poco più avanti rispetto al percorso inizialmente tracciato. In un passo sono nel vasto spazio aperto. Voci di cani in lontananza. E non posso che fermarmi ad ammirare nuovamente la Luna: le nubi si sono addensate, ma ancora non tanto fitte da impedirne la visione. La luce impreziosisce psichedelicamente l’ampio sentiero fangoso.Mi concedo uno spuntino di barretta e banana, e un altro sorso d’acqua.
Dopo breve tratto lascio la dorsale per un nuovo sentiero incorniciato dalla vegetazione. Non è segnato sulle mappe, ma so che prosegue aspro fino a sbucare sulle coste rocciose da cui più oltre si innalza monte Pelato. Non è in programma seguire il sentiero ufficiale, considerato eccessivamente lineare.
Ancora, è come uscire da una stretta galleria: il sentiero improvvisamente si riaffaccia al cielo. In questa fotografia sto guardando indietro.
Quella Luna che riesce a trapassare la coltre nuvolosa si riflette sulle chiome, rallegrandomi.
Risalgo le coste; vi sono molti punti brulli, privi di vegetazione, che permettono un ripido passaggio.
Monte Pelato finalmente visibile all’occhio.
E la visione dal monte. La luce d’argento della Luna, sempre filtrata dalle nubi, illumina tenuamente il mare, punteggiato dalle lampade di imbarcazioni, vicine e lontane. Il mio cuore è felice. Recito nelle sette direzioni alcuni mantra di tradizione buddista. Mi piace pensare che il vento leggero, spirante, li espanda per i boschi e fra gli esseri che lì vivono, in ringraziamento per l’ospitalità.Per ascendere a e discendere da monte Pelato si può fruire del sentiero principale (quello appunto non percorso) e di due sentieri secondari, quello da cui sono giunto e l’altro, che mi diletto nel definire “la direttissima”. Niente fotografie, ma è ripidissimo, esageratamente stretto, sdrucciolevole. Così riprendo a giocare: attivo una coppia di cassettine audio (viva la stereofonia) e, nell’euritmia di musica travolgente, mi precipito giù quanto più velocemente possibile per le mie gambe, saltando e afferrandomi ai pochi arbusti che generosamente tendono braccia di legno.
Dopo la direttissima e qualche curva di collegamento, mi incanalo nel sentiero di Sir Robert. Tutta discesa fino alla fine, con la possibilità di sfruttare qualche pedana colà fissata a terra (a uso prevalentemente ciclistico) per compiere balzi. La musica incalzante mi spinge a mantenere un’andatura celere.
Avevo lasciato in automobile un piacevole ristoro: sia mai l’arrivare cupamente privo di cibarie e bevande (sì, non è visibile, ma c’è anche una birra). Appare forse come un desco più consono a un pranzetto estivo che alla cenetta invernale, ma -si sa- non ci sono più le stagioni (né mezze, né intere: la Terra brucia).
La Luna è molto alta nel cielo, ora. Le nubi formano un tetto grigio nero dalla volta a cupola.
La Luna come occhio mistico, che osserva e saluta.