PoMaC – Il Racconto §0

Quando innaffio l’orto o lavo i piatti in me nasce la poesia.
_ Thich Nhat Hanh _

 

L’automobile è in un sentiero tranquillo, da qualche parte fra le colline pisane.
Do inizio ai preparativi per il PoMaC.

Estraggo dallo zaino grande e carico lo zainetto da 5 litri, giunto come me al terzo rammendo:
4 gustosi panini (di mia vegetariana fattura), 2 barrette decenti, un sacchettino di frutta secca (pure assemblato da me), 1 mela in 4 spicchi, 1 banana, 1 litro d’acqua;
il reparto alimentare è a posto;
coltellino, bracciale di corda, pannello solare, telefono per comunicazioni d’emergenza (quindi offline, sperando rimanga tale) e fotografie, 2 cavi di ricarica, lampada frontale, canottiera di ricambio, antivento, telo termico, benda per fasciature; il fischietto è incorporato.
C’è tutto? Ovviamente no!
La soft flask andrà in una tasca dei pantaloncini.
Le altre tasche ospiteranno guanti, copribraccia, borselletto e chiavi.
Un altro telefono con funzione di navigatore lo porterò sul braccio sinistro.
Il monobastoncino sulla spalla destra.
Al momento non mi viene in mente altro.

Osservo ancora una volta le recenti toppe sulle scarpe: sembra che tengano.

Il sole scende dietro le colline, negli ultimi raggi il cielo risplende dal carminio al giallo più acceso sfumando nell’arancio, e nelle dita di luce che si spingono fra gli arbusti già in ombra appare chiaramente un fiore esoterico, certo segno di buon auspicio.

Qui c’è la colazione: tè, gallette di riso col miele, biscotti integrali, un altro panino.

Stendo il tappetino sul sentiero, appena dietro l’automobile, e provo a dormire un po’. I pensieri inciampano sul percorso che traccerò fra qualche ora, infine si dileguano in un sonno senza sogni, turbato soltanto da qualche rametto che a sorpresa pigia fra le costole o da ronzii sottili ma non ebbri di sangue. Alle 2,45 suona la sveglia.
Disallestire la camera da letto è cosa di pochi minuti. Abbondante acqua sul viso e partenza verso la pineta di Cecina.
Lascio l’automobile lungo il posteggio vuoto, nei pressi dell’arrivo. So che dopo sarò felice di ritrovarla proprio lì.
La stazione ferroviaria di Cecina è a circa 3,5 km dalla pineta: sono già in assetto da esploratore amazzonico, quindi tanto vale mettersi a correre fin da ora. Cala una pioggerella leggera, ignorante delle previsioni meteorologiche del LaMMA che in questa zona prevedevano soltanto nuvole.
Sono le 4 di notte, ma su una strada sterrata imprevedibilmente incontro un essere umano: porta a spasso il cane.
E il treno arriva. Leggermente in ritardo, meglio così, ho tempo per una foto.

Nel treno l’aria -condizionata- è molto più fredda che all’esterno; i bagni sono bloccati; i display visualizzano gli orari d’arrivo previsti invece di quelli effettivi; insieme a tanto altro, mi è difficile comprendere le scelte di RFI.
Durante il viaggio osservo gli scarsi passeggeri; diversamente da me, sembrano tutti diretti verso una destinazione che implica un lavoro (oggi è giorno feriale) o un tentativo d’esso. La maggior parte appare essere nordafricana: che il popolo indoeuropeo dorma ancora?
Intanto mi gusto la colazione.
Nella soft flask non c’è acqua, bensì caffè; ne bevo poco ma quel poco mi piace berlo.
Potevo fermarmi a un bar, in effetti: invece no, autogestione!