Alcuni anni fa seguivo un corso di studi buddisti presso l’Istituto Lama Tzong Khapa.
Nelle parole degli organizzatori:
il
Basic Program è un programma di studi avanzati in filosofia e scienza buddhista, creato dalla
FPMT (Fondazione per la Preservazione della Tradizione Mahayana) e ideato da Lama Zopa Rinpoche, nella tradizione Mahayana.
Furono anni molto produttivi per il mio percorso spirituale; finalmente avevo l’occasione di approfondire gli insegnamenti buddisti fondamentali, così come proposti dall’antica scuola tibetana Gelug coi suoi maestri degni di stima (p.es. Tenzin Gyatso, l’attuale Dalai Lama), di confrontarmi con le sue posizioni filosofiche, di stabilizzare la mia incerta pratica meditativa.
Biografie dei Maestri
Geshe Tenzin Tenphel
Ghesce Tenphel è nato a Domo (Tibet), vicino a una provincia del Sikkim, stato federato dell’India, in una famiglia nomade di agricoltori. Nel 1959, a causa dell’invasione cinese del Tibet, la famiglia fuggì nel Sikkim e più tardi emigrò nel sud dell’India. Ghesce Tenphel divenne aspirante monaco all’età di nove anni, ma continuò a studiare nella locale scuola statale indiana, memorizzando le scritture buddhiste durante le sue vacanze. A 17 anni ottenne dalla famiglia il permesso di entrare nell’ Università monastica di Sera Je (trasferita dal Tibet nel sud dell’India), dove completò i 21 anni di formazione tradizionale scolastica. Ghesce Tenphel si è laureato con lode nel 1994, ottenendo il diploma universitario di Ghesce Lharampa, il dottorato più alto del buddhismo tibetano conferito nella tradizione Ghelug. In seguito ha studiato i tantra per un anno, nel collegio tantrico del Gyu-To, prima di essere invitato a partecipare a un tour internazionale dei monaci di Sera Je. Nel 1997 ha guidato, a Sera Je, un gruppo di monaci specializzati nelle pratiche meditative e rituali connesse alla divinità di meditazione Hayagriva.
Dal 1998 è Maestro residente dell’Istituto Lama Tzong Khapa, dove tiene numerosi corsi di buddhismo, brevi e di media durata (aperti a tutti), e lezioni sui trattati canonici nei diversi programmi di studio proposti dall’Istituto.
Geshe Champa Gyatso
(1931-2007)
Ghesce Ciampa Ghiatso (Gyatso o Ghiatzo), affettuosamente chiamato “ghesce-la”, dai discepoli durante tutto il suo periodo di permanenza in Istituto, nacque in Tibet da una famiglia nomade di ceto medio, in una zona chiamata Dham, vicino a Lhasa. Ricevette i voti di aspirazione monastica da ragazzino, ma rimase in famiglia fino a tredici anni. Quando entrò a studiare nell’Università Monastica di Sera Je, Ghesce-la fece subito amicizia con un altro giovane monaco, di nome Thubten Yeshe (che divenne più tardi Lama Yeshe, il fondatore dell’FPMT). In seguito all’invasione cinese, nel 1959 fuggì in India, dove rinnovò la sua conoscenza dei testi canonici nel campo profughi di Buxa Duar. In seguito studiò nell’appena costituita Università di Studi Sanscriti, a Varanasi (l’antica Benares) e infine nel Collegio Tantrico Inferiore. Nel 1972 conseguì il livello più alto di Ghesce Lharampa, poi il diploma di Acharya (Maestro) e il titolo tantrico di Ngagrimpa.
Alcuni anni più tardi, dopo essersi impegnato in vari progetti di studio e ricerca di filosofia buddhista, Ghesce-la ricevette una lettera del suo vecchio amico Thubten Yeshe, che gli chiedeva di recarsi a insegnare in Europa. Nel 1980, dopo un periodo di insegnamento agli occidentali confluiti al monastero di Kopan (Nepal), arrivò all’Istituto Lama Tzong Khapa, dove rimase fino al suo trapasso, nel novembre del 2007.
Durante la sua permanenza in Italia, Ghesce-la tenne un enorme numero di corsi, di varia durata, sia all’Istituto Lama Tzong Khapa, sia in molti altri centri FPMT in Italia, Spagna, Francia e Inghilterra; in Italia accettò numerosissimi inviti per tenere conferenze in centri di tradizioni anche non buddhiste e associazioni culturali varie, e ricevette a colloquio privato un grande numero di persone. Il suo amore infinito, la sua compassione intelligente e la sua sapienza conquistavano i cuori ovunque andasse, e molte persone iniziarono il proprio percorso spirituale con la sua amorevole guida.
Oltre a questa intensa attività, dal 1983 al 1987 completò il commentario esteso di tre importanti trattati di buddhismo (Abhisamayalankara, Madyamakavatara e Abhidharmakosha) e spiegò altri testi importanti di filosofia e psicologia buddhiste, come corpo di studio e meditazione dell’appena nato Study Program per ghesce e maestro-istruttore. Dal 1988 al 2004, Ghesce-la insegnò tutti i trattati e i testi del primo Masters Program residenziale dell’FPMT e, dal 2005 al 2007, con Ghesce Tenzin Tenphel come insegnante-assistente, spiegò i soggetti del primo Basic Program residenziale FPMT.
Ghesce-la fu anche abate del monastero maschile di Nalanda in Francia, che visitava periodicamente, del monastero maschile Takden Shedrup Dhargye Ling e del convento femminile Shenpen Samten Ling, entrambi con sede provvisoria all’Istituto. Morì il 27 novembre 2007, ma restò nel corpo in assorbimento meditativo (tukdam) per una settimana, durante la quale non vi furono segni di decomposizione fisica. Il suo corpo fu cremato nell’area dell’Istituto
Lama Tzong Khapa, con una tradizionale cerimonia tibetana, il giorno stesso della celebrazione annuale del trapasso di Lama Tzong Khapa (1357 – 1419).
da Istituto Lama Tzong Khapa – Lignaggio e Maestri
Furono anche momenti di notevole insoddisfazione, poiché mi ponevo molte domande cui non trovavo risposta adeguata. E leggevo, studiavo, meditavo, passeggiavo fra il grigio bosco e le baie marine. In quel periodo inevitabilmente -e senza rimpianti, era giusto così- lasciai in secondo piano altre attività.
Ma continuai a occuparmi di musica.
Fu proprio durante gli insegnamenti sul lam-rim, il sentiero graduale elaborato da Tzong Khapa nella sua vasta opera di riordino delle visioni di sutra e tantra, mentre la classe si dedicava ai capitoli sulla figura del maestro, le sue caratteristiche e la corretta relazione con l’allievo, e la mia inquietudine mentale montava, che mi fu chiesto, dagli altri studenti a conoscenza del mio lavoro con la musica, di comporre un brano proprio su questo tema.
Mi parve una straordinaria occasione per pacificarmi e per ringraziare idealmente i gentili maestri attuali e dei millenni trascorsi (ad iniziare dal primo, per me, Gautama Buddha) per il loro impegno nell’insegnamento, e di allietare (almeno così ho sperato) i miei colleghi e l’istituto con gradevoli suoni.
Allora mi misi al lavoro.
Optai sùbito per comporre una canzone con andamento orecchiabile, quindi cantabile, sia pure ben dilatata, con innesti di metri dispari, con bruschi cambi tonali, secondo la mia sensibilità.
Per il testo selezionai una breve porzione appropriata del lam-rim, che sintetizzai in semplici frasi.
NascevaSarò gli occhi della tua felicità
Testo
Sarò gli occhi della tua felicità
Ti verrò a cercare
mentre vaghi da tempo senza tempo
nel flusso delle vite,
ti risveglierò dal sonno
e dall’oscurità senza confini.
Ti porterò in salvo
dall’oceano in cui sei caduto,
ti indicherò il sentiero
quando sarai perduto;
ti porterò in salvo
dall’oceano in cui sei caduto,
ti indicherò il sentiero
quando sarai maturo1.
Mentre giaci malato,
senza eco di lontane memorie
io riuscirò a curarti,
ti libererò ancora
dalle catene di ferro e fiamme.
Ti porterò in salvo
dall’oceano in cui sei caduto,
ti indicherò il sentiero…
Mi riconoscerai
come la nube gravida di pioggia,
fluido chiaro che estingue
il fuoco velenoso
dei tuoi attaccamenti.
Ti porterò in salvo
dall’oceano in cui sei caduto,
ti indicherò il sentiero
quando sarai perduto;
ti porterò in salvo
dall’oceano in cui sei caduto,
ti indicherò il sentiero
quando sarai maturo.
1> Il senso della frase è: “ti indicherò il sentiero più appropriato sulla base della tua maturità spirituale”.
Strutturalmente il brano è diviso in 3 parti: un’introduzione in cui occidente e oriente si fondono quasi scricchiolando; la parte centrale che ha la forma della canzone, con strofe, ritornello, breve assolo, special, ecc.; una coda per lasciar depositare l’insegnamento, propiziata dalla sillaba dhi e impreziosita dal suono di un flauto tibetano, recuperato da un vecchio nastro di cui oggi ignoro le sorti.
Strumenti & Musicisti
Ilaria presta la sua ottima voce alla figura del maestro; il suo contributo fu fondamentale anche nell’elaborazione della melodia e nel dissipare certe mie -qui dannose- tensioni verso la dissonanza. A quei tempi il nostro progetto comune aveva nome Tableau Blues.
Il pianoforte, che vagabonda soprattutto nell’introduzione, è suonato da Simone.
I cori, in effetti aggiunti anni dopo, sono dovuti al gradito intervento di Francesca e Michele.
Il resto è suonato e/o programmato da me: chitarra classica, chitarra elettrica, basso elettrico, bouzouki, sintetizzatori, batteria elettronica.
Il brano, nella forma di un primo mixaggio un po’ rudimentale, fu presentato nel gompa principale dell’ILTK durante una festa di compleanno dell’anziano maestro residente Champa Gyatso. Io come autore rimasi serenamente anonimo, eccetto per i pochi che sapevano del mio lavoro. Mi auguro che l’omaggio sonico sia stato gradito a quanti erano lì presenti.
Poi la musica, in forma di file in un hard disk, rimase dimenticata coprendosi di polvere digitale; finché tempo fa, riascoltandone il vecchio mixdown, pensai che non meritasse l’oblio. Tanti piccoli difetti sono stati corretti, e qualche suono secondario aggiunto. Il nuovo mixaggio è pronto.
↓ Ascolta Tableau Blues - Sarò gli occhi della tua felicità
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1. Sarò gli occhi della tua felicità
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