Altro anno, altro PoMaC.
La 2° edizione la presentai e la proposi ma non la raccontai; ne do comunque un breve sunto qui sotto.
Dopo circa un anno e mezzo, il racconto è completo e si conclude col capitolo 5.
Breve Memoria del PoMaC II
La 2° edizione, a fine giugno del 2018, fu sfortunata.
Ricordo che quel giorno Caronte giunse in Italia. Io mi sentivo male già poco dopo il 20° chilometro e proseguire fino alla fine fu particolarmente impegnativo.
Mi accadde di fare una cosa buona: salvai un animale incontrato per la via, dopo aver confuso l’imbocco di un sentiero, magari proprio per il sottile richiamo del vivente.
Tuttavia a causa del mal di stomaco e della nausea conseguente non riuscivo piú a mangiare, anche bere risultava poco invitante.
Persi rapidamente le forze. I sentieri meravigliosi mi sembravano cupe autostrade di fatica.
Procedevo a piccole tappe, fermandomi spesso per sdraiarmi sull’erba e sonnecchiare, poi cercavo di dissetarmi con un sorso d’acqua e ripartivo. Lungo i sentieri del Giardino Scornabecchi chiedevo un passaggio, ma nessuna fra le poche persone che nei propri fuoristrada passava di lí mi considerava. Meglio cosí, forse, poiché, nonostante i contorcimenti dello stomaco e la debolezza generale, malvolentieri avrei rinunciato a guadare il fiume Cecina.
Ma giunto nella cittadina dovevo stendermi su una panchina fra i palazzi prima di riprendere a camminare stancamente lungo gli ultimi pochi chilometri.
Arrivato all’automobile, presso la pineta di Marina di Cecina, mi addormentai senza neanche cambiarmi. Piú tardi, rinfrescato almeno il viso e i piedi, mi consolavo con un gelato al limon, unico cibo che riuscii a ingoiare senza vomitarlo.
Infine una lunga dormita nel bosco e la giornata successiva trascorsa sotto gli alberi, mangiucchiando, bevendo, riassestandomi come un animale ferito.
Nonostante la disavventura, cerco sempre di far tesoro delle spiacevolezze; quest’anno ho scelto una data diversa.
È anche interessante osservare la nostra capacità di resistenza fisica e mentale, che lascia ben sperare quando inevitabilmente si presenteranno altre circostanze problematiche.
Un’avventura è solo una disavventura vista dal lato buono _ Gilbert Keith Chesterton _
Nell’organizzazione del PoMaC non può mancare l’amorevole preparazione delle scorte di cibo, cui mi dedico durante il giorno precedente.
Frutta, barrette, felici panini con multicolori vegetali, gel, cioccolata, sali minerali trovano posto nelle varie sezioni del camel bag, insieme all’acqua.
Poi fra zainetto e tasche varie: coltellino, soft flask, telefono con mappe e traccia gps (ormai conosco il percorso quasi a memoria, ma sai mai, mi confondessi a un bivio), lampada frontale, battery pack, 2 cavi per ricarica, una maglia di ricambio, giacca a vento leggera e pantaloni lunghi, telo termico, benda per fasciature, borselletto; un fischietto è incorporato nello zaino.
Il fedele monobastoncino con cinghia sarà come sempre sulla spalla destra, in attesa d’essere afferrato alla prima salita pigra.
Trascorro la notte non lontano da Cecina, in un Luogo Tranquillo: accanto a un cimitero.
Raramente i Morti fanno discorsi inutili.
Mi addormento súbito, libero da pensieri, solo un’eco di curiosità.
Al mattino, dopo robusta colazione, trotterello verso la stazione ferroviaria di Cecina.
Accarezzato dall’aria fresca, una corsetta di 3 km, giusta per sgranchire le gambe.
Ed ecco il convoglio che mi porterà a Pontedera. Mi sento già lí, alla Partenza.
All’uscita dal sottopassaggio della stazione di Pontedera la strada appare bronzea e poco trafficata; è ancora presto.
Il sole è sfocato dalle nubi, un bianco fuoco.
Sappiate, lettori e lettrici che eventualmente non conosceste Pontedera, che su questa strada s’affaccia il Piaggio-stabilimento. Ma quest’anno l’azienda rimane fuori dalle fotografie e dai link: avevo scritto chiedendo una piccola sponsorizzazione per il PoMaC, mai ricevetti risposta. Un semplice «No, non siamo interessati» sarebbe bastato. Giudico scorretta questa modalità del silenzio, che è abitudine diffusa, di non rispondere. Chi ci contatta è comunque una persona potenzialmente interessata alla nostra attività e meriterebbe una replica.
Riprendo a correre. Ho avuto cura di selezionare ove possibile parchi e piacevoli sentierini.
Nelle due trascorse edizioni m’ero portato l’equivalente della tazzina di caffè nella soft flask; ma gli anni passano ed evidentemente invecchiando divento indolente e vizioso. Cerco un bar lungo le vie che attraverso e ne trovo uno grande e semideserto, e il caffè lo lascio preparare alla barista, cinese. Mi suggerisce di tornare lí anche per il pranzo, tentando di solleticare il mio appetito con un menú a base di carne: non sa la tapina che non soltanto sono vegetariano, ma che a qualsiasi ora di pranzo ella immagini sarò auspicabilmente molto lontano.
Questo comodo sottopassaggio ciclopedonale conduce fuori dall’abitato, né in direzione Pisa qui, né in direzione FiPiLí…
… bensí lungo il cimitero di Pontedera.
Già l’astro illúmina
le tombe secche,
ma non riflette
la crosta cadavèrica
della facciata.
E dai fianchi dell’esteso deposito lascio la città per gli argini dell’Era.