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PoMaC III – Il Racconto §3

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Spiritualità

Nota
Dopo una lunga pausa narrativa, riprendo il racconto della 3° edizione del PoMaC. Quest’anno, il 2020, la 4° non s’è svolta. Ancora. È giunta la pandemia da coronavirus, le persone sono rimaste confinate e io ho perso un po’ d’allenamento. Ma non dispero, se sopravviverò, di replicare in autunno.

Ho bevuto e mangiucchiato con piacere; ora mi avvio nuovamente: c’è ancora molta strada ad attendermi. Riavvolgo lo stesso sentiero per qualche centinaio di metri, poi giungo al bivio dotato di cartello esplicativo.

Ecco la comoda strada forestale su cui proseguo.

Che presto si stringe in sentiero: chilometro dopo chilometro sale, pur fra qualche tratto in piano, verso monte Vaso.

Ecco l’aspro monte Vaso, visto dal sentiero che lo fiancheggia. È possibile intraprendere una breve deviazione e salire fino in cima.
Si può anche ridiscendere da altro lato, tornando in basso, in mezzo al bosco, e di lì procedere per altre avventure. Ma questa sarà occasione per nuove, differenti esplorazioni.

Il sentiero che precipita da monte Vaso è ancora più stretto di quello appena percorso. In qualche tratto è un infido e assai divertente canaletto di pietre e terra e correre non è sufficiente: occorre saltellare puntando il piede sulle sue paretine.

Nel tratto finale il bosco è stato distrutto dai taglialegna: degli alberi svettanti che continuavano il bosco non ve n’è più uno in piedi, soltanto desolazione con gli immancabili rifiuti a vista.
Ma non mi sono fermato per fotografare.

Il sentiero si connette poi a una strada asfaltata, solitamente poco frequentata da automezzi; si può continuare a correre tranquillamente. E dopo pochi chilometri ecco il bivio per la strada di servizio del monte Vitalba. La salita è facile, ma le gambe sono un po’ stanche. Alla prima curva notevole procedo lungo un sentierino fra le pietre.

Dopo altre svolte, abbandono la strada in favore del largo sentiero a sinistra, chiuso da una sbarra.

Proseguendolo e inabissandosi si giungerebbe a un severo guado sul torrente Sterza; invece io devio bruscamente a destra, proprio dentro quel sentierino appena visibile.

La pietrosa salita tormenta le caviglie, ma distolgono dalla fatica i contrasti cromatici fra la terra e la vegetazione primaverile.

O vetta del Vitalba, sto arrivando!

Questa è una porzione dell’ampia visuale godibile dal pianoro che io chiamo “Balcone del monte Vitalba“.click sull’immagine per ingrandire

Qui spesso il vento soffia con forza, fresco, talvolta pungente. Non per caso vi si stagliano le torri delle pale eoliche; che -lo ribadisco- a me non dispiacciono. Nella notte le braccia lentamente rotanti e i rossissimi, cupi occhi, ne fanno giganteschi mecha guardiani, che incutono soggezione al pellegrino sperso nelle frondute tenebre.

Un sentiero che prima scende, poi risale, come V rovesciata, conduce verso un’altra altura, meno pronunciata, affascinante: poggio Pianacce.

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