Poggio Pianacce è un luogo piacevole a circa 660 m d’altitudine da cui si gode un’ottima vista sulle colline circostanti, fino al mare. Il tramonto esperito da lì è assai suggestivo. Oggi però rimango sul sentiero, appena sotto la cima del poggio e proseguo a sinistra.
Il sentiero scende bruscamente in mezzo al bosco, pur rimanendo abbastanza aperto; poi si fa ondulato alternando salitelle e discesine.
La mia ombra e quella dell’albero si uniscono nelle crepe del terreno.
Arrivo alla Madia, un crocevia di sentieri (ve ne sono ai lati, non visibili dalla fotografia), alquanto aperto.
Poi a Gabriccioli, altro crocevia. Di fronte a me si staglia il suggestivo Poggio di Nocola, un monticello non alto ma duro da ascendere, per la ripidità e strettezza dei sentieri, la cui vetta in miniatura tuttavia non fa parte di questo percorso.
Inizia invece una piacevole discesa su vari sentieri, il cui ultimo tratto è qua e là ristretto da pruni, che conduce infallibilmente verso la strada provinciale.
Questa è la Fontina dell’Agrifoglio, abituale meta di empitori ed empitrici di bottiglie, bottiglioni, damigianette, borracce e quant’altro.
Qui sosto un po’ più a lungo, sotto gli ombrosi alberi, mangio, bevo, lascio scorrere i pensieri insieme all’acqua.
Ho corso (o talora camminato) per più di 40 km; ne rimangono poco meno di 20. Inizio a sentire un po’ di stanchezza, immagino di sdraiarmi sotto un albero e schiacciare foglie secche e pisolini; tuttavia fin qui il percorso è stato piacevole, il clima ottimo, ho lasciato leggere impronte sulla terra giusta, ho empito la mente di visioni, suoni, odori, ruvide carezze che mi danno forza: è il momento di ripartire.
Là dove la vegetazione non ostacola la vista, la strada provinciale offre un buon panorama che prelude alla meta ancora lontana.
Ma presto lascio con piacere l’asfalto per infilarmi in un sentierino, proprio lì dove gli arbusti formano una sorta di arco naturale.
Il sentiero prosegue con morbide curve, per poi riconnettersi alla strada; dopo un veloce attraversamento imbocco l’ampia pista verso la zona di Ortacavoli.
Un breve single track costeggia la via sterrata, così mi ci lancio su.
Sebbene da qui prevalga la discesa, pure vi sono ancora poggi da attraversare, con pendenze non pronunciate, ma che dopo tante ore sulle gambe richiedono un appropriato entusiasmo per essere scavalcati di corsa.
Le grandi rocce erranti che sembrano cadute quali frammenti di asteroidi fra i radi alberi non mancano di stupirmi.
Scendendo lungo Ortacavoli la vegetazione un po’ alla volta si infittisce e, oltre alle indicazioni di poderi e strutture agrituristiche, iniziano ad apparire simpatici cartelli del Giardino Scornabecchi.
Questa è la curva verso i Poggetti delle Prunicce, che non verranno raggiunti.
Infatti un sentierino sulla sinistra devia bruscamente in direzione del torrente Acquerta.
Ma ecco quel che trovo là dove ricordavo il sentiero: perfidi taglialegna hanno ritenuto di accumulare il frutto del loro lavoro lungo il sentiero, empiendolo e occludendolo completamente.
Nella mia ingenuità nativa (che prescrive vie sempre aperte e reciproco rispetto) mi domando se ho confuso la deviazione -magari è un po’ più avanti- così controllo il navigatore: no, il punto è proprio quello.
Non resta che saltare sopra le cataste, corricchiando su tronchi e rami ammassati e -mi auguro- ben legati fra loro.
Al di là della barriera morta il sentiero cala precipitosamente e con gran divertimento fino a congiungersi con l’Acquerta.
Che però è rimasta senz’acqua.
E questa secchezza è come la nota chiave di una scala minore che porta in sé, tra il verde fogliame, sfumature di tristezza.