I 5 Principî Primordiali

In éstēsā pensatori e pensatrici di tutte le razze si sono interrogati e interrogate sulla natura stessa dell’Universo [éňčō in thómbīnjoț, da una radice *eňč- / *čeň- che indica un buon assemblaggio, un insieme corretto], sui suoi costituenti e sulle sue modalità di funzionamento -se vi fossero Divinità reggitrici con cui relazionarsi e/o leggi fisiche, cosmiche e locali, da indagare.

Vi era e vi è ancora oggi un consenso diffuso sul fatto che l’Universo esista di per sé (si rifiuta l’idea di una o più Divinità creatrici ex nihilo) e che sia eterno nel senso che infiniti universi si succedono, nascendo e morendo, in ciclo infinito. Il mondo di éstēsā è appunto un mondo singolo fra i tanti che popolano l’Universo attualmente esistente. Di questi altri mondi non si ha tuttavia un’estesa conoscenza diretta (nessuna persona vi è mai stata, o se pure lo ha fatto, p.es. attraversando un mistico portale o tramite un trasferimento di coscienza, non ha condiviso pubblicamente questo suo viaggio).

In tale visione generale si innesta il concetto dei 5 Principî Primordiali (è opportuno ricordare la polivalenza del numero 5), oscillante fra il riconoscimento di questi Principî come Divinità ancestrali, primigenie (sebbene, come accennato, non creatrici) e la concezione più moderna che li individua quali elementi costituenti, in una con le leggi fisiche che li governano.
I Principî Primordiali non hanno forma visibile, o comunque una consistenza raggiungibile dai sensi del corpo; permeano di se stessi il tutto, e ogni cosa che è promana da essi e in essi risolve. Tuttavia artisti e artiste di éstēsā li hanno raffigurati in molti modi, p.es. quali gusci d’uovo, conchiglie, persone fatte di stelle (a volte somiglianti alla razza di cui l’artista fa parte), linee astratte -diritte e curve- e così via.

image: I 5 Principî Primordiali (come gusci d'uovo)
I 5 Principî Primordiali raffigurati come gusci d’uovo

Ecco dunque i Cinque:

  1. vẅőfthūmo (principio neutro)
    lo spirito della Necessità, l’energia karmika (per usare un termine della filosofia orientale) che muove l’Universo;

  2. séínd (principio neutro)
    la materia/energia; l’uovo cosmico; seguendo l’impulso di vẅőfthūmo, séínd si espande all’apertura del guscio (può essere immaginata come una sorta di esplosione) ponendo le basi di manifestazione per gli altri tre principî e dando inizio all’Universo noto; si restringe riassorbendo in sé i tre e mettendo fine all’Universo;

  3. inwi̋d (principio maschile)
    l’oscurità, il freddo, il silenzio, la leggerezza, il vuoto, lo yin;

  4. dje̋ẅā (principio femminile)
    la luminosità, il caldo, i suoni, la pesantezza, il pieno, lo yang;

  5. ma̋nje (principio neutro)
    la freccia del Tempo.

Si sostiene che dje̋ẅā e inwi̋d insieme formino lo spazio senza ostruzioni.
E si racconta che, danzando e intrecciandosi per riempire la vacuità di spazio e tempo, èì-djèwa-inwídei (i due principî in un composto relazionale, che ne evidenzia l’unità) diano forma e significazione a tutto l’universo materiale e spirituale; ma̋nje intanto soffia il vento cosmico del tempo, tale che tornare indietro non è possibile: ogni azione è sospinta in avanti verso un’altra, fino al termine dell’Universo (o -per quegli esseri che lo ritengono possibile e che raggiungono questa meta- all’ottenimento dell’Illuminazione).

Dai principî primordiali promanano così l’energia inesauribile; le regole che governano l’Universo; la materia delle stelle e dei pianeti; èì-thusijà-théúsoi (un altro composto relazionale), ovvero gli Dei e le Dee dei mondi, e altri spiriti minori; e tutti gli altri esseri viventi.

In éstēsā non sono conosciute tutte le infinite essenze che s’aggirano per il Cosmo, ma quelle Divinità che, preferendo questo mondo, l’hanno eletto a loro dimora, amandolo e curandone le ferite, oppure, secondo la propria indole, tentando di sottometterlo, ebbene queste sono conosciute e onorate, oppure, secondo l’indole d’ogni persona, avversate.


aggiornamento del 12-12-’21

Estratto dal poema enwádoma (“Inizi”)
della mitica poetessa odóẅesī

image: five galaxies
Galactic Wreckage in Stephan’s Quintet, from NASA

In un tempo senza tempo e in uno spazio senza dimensioni il Cosmo tutto era nella mente di vẅőfthūmo, lo spirito che dà l’impulso. Allora esso insopprimibilmente volle rendere il suo pensiero concreto, e ciò pensando si rivolse a séínd, il cosmico uovo primordiale, e lo nominò: séínd si risvegliò dal suo sonno eterno, apparve e si dischiuse in un lampo e un boato.

Due divinità terribili, inwi̋d e dje̋ẅā, uscirono dall’infranto guscio, ma non trovarono nulla, altro che un grande baratro e ne furono sgomente.
Dietro loro anche ma̋nje si manifestò, che guarda lontano, e il tempo iniziò a scorrere.

 

Allora vẅőfthūmo concepí col guscio di séínd un immenso organo, composto di canne, trombe, corni, flauti e ance, e con l’albume un immenso chitarrone e arpa e salterio insieme, le cui corde vibravano liberamente o rimbombanti su una tavola; e i tubi e i filamenti piú lunghi trapassavano l’intero Universo, emettendo i suoni intonati piú gravi che ancora risuonano nei deserti spazî siderali, mentre quelli piú piccoli erano infinitesimi e invisibili all’occhio, dai suoni sottilissimi.

Intanto ma̋nje stese il cuore di séínd, il tuorlo, e formò un’immensa batteria, i cui tamburi, piatti, gong, lastre, sonagli e crepitacoli più grandi trapassavano l’intero Universo, emettendo i suoni indeterminati piú gravi che ancora risuonano nei deserti spazî siderali, mentre quelli piú piccoli erano infinitesimi e invisibili all’occhio, dai suoni sottilissimi.

Col pensiero tutto rivolto alla musica, essi intonarono la prima nota e percossero il primo battito.
Quella nota vẅőfthūmo fece risuonare con mille timbri diversi, e, quando gli sembrò che fosse abbastanza sonora, ne intonò una seconda, e cosí via, e ogni nota era diversa dalla precedente per altezza, timbro, intensità, e l’armonia diveniva sempre piú complessa.
Quel battito ma̋nje fece risuonare con mille timbri diversi, e, quando gli sembrò che fosse abbastanza sonoro, ne percosse un secondo, e cosí via, e ogni battito era diverso dal precedente per altezza, timbro, intensità, e il ritmo diveniva sempre piú complesso.
Note e ritmi si intrecciavano fra loro senza posa.

Udendo questa musica inconcepibile, l’oscuro inwi̋d e dje̋ẅā luminosa ne furono conquistati e s’apprestarono a cantare. inwi̋d è vasto come un oceano di cui mai si raggiunge l’orizzonte, tranquillo, immobile, non scosso da venti o correnti, mentre dje̋ẅā è in 390625 punti e ogni punto è come un’isola risplendente nel meriggio senza nubi, ed è ella guizzante, rapidissima, e in breve oltrepassa ogni distanza portando l’immagine.
Ed ecco al trio di strumenti unirsi il coro, e questo ensemble primordiale fu chiamato òpsāiwőč, la prima voce.
E le Divinità oscillavano e danzavano e ristavano, abbracciandosi e separandosi senza posa per tutto l’Universo, secondo la propria indole e l’intreccio della musica, e insieme si plasmavano. Nella musica del Cosmo convivono infatti la stasi e il movimento, il silenzio e i suoni più potenti, le lunghissime note e i fraseggi più sfrenati.

Poi inwi̋d qua e là nello spazio crea grandi pozzi, baratri profondissimi, proprio là dove la luce di dje̋ẅā piú risplende, e quando questa vi passa sopra, ignara, lí cade, sprofondando come un fiume sotto la terra*. Così promanano la luce e il buio, il denso e l’inconsistente, il caldo dei soli e il fresco dell’etere interstellare.

* Una glossa più tarda chiarisce: “Fra chi si applica a studiare il cosmo, vi è chi ritiene che la luce per lungo tempo si conservi al di sotto in vasche immense, per essere usata quando e dove vi sia necessità; mentre l’altra opinione è che oltre il pozzo vi siano aperture, e che la luce ne sgorghi fuori come dalla roccia l’acqua di una fonte, e cosí illumini dove altrimenti era buio”.